INTRODUZIONE
Prima di dare una definizione di malattia emorroidaria o, come più comunemente si parla di emorroidi è necessario chiarire alcuni aspetti dell’anatomia del canale anale.
Il canale anale è diviso in due parti da una struttura lineare chiamata linea dentata, che costituisce un’area di transizione tra la parte superiore, rivestita di mucosa con epitelio colonnare e la parte inferiore rivestita di epitelio squamoso stratificato e ricca di terminazioni nervose.
In una sezione sagittale del canale anale superiore sono evidenti tre pliche denominate “cuscinetti anali” situate classicamente in posizione laterale sinistra, posteriore destra e anteriore destra.
I cuscinetti anali sono strutture costituite da vasi privi di parete muscolare e con anastomosi artero-venose dirette senza capillari intermedi, tessuto connettivo di sostegno e fibre muscolari lisce, diretta continuazione dello strato muscolare longitudinale esterno del retto.
Tali fibre muscolari si ispessiscono a questo livello formando due legamenti, il legamento sospensore di Treitz e il legamento di Parks, di cui il primo ha la funzione di ancorare la sottomucosa anale alla parete muscolare sfinterica sottostante.
Le strutture vascolari situate al di sopra della linea dentata formano il plesso emorroidario superiore e sono irrorate da rami provenienti dall’arteria mesenterica inferiore con drenaggio tributario del sistema portale; quelle situate al di sotto della linea dentata, più piccole, formano il plesso emorroidario inferiore, visibile sul bordo anale, irrorate da rami dell’arteria iliaca interna con drenaggio venoso nel circolo sistemico.
Esiste interrelazione tra i due plessi emorroidari tale che l’interessamento patologico dell’uno si ripercuote spesso anche sull’altro (Fig. 1).
Figura 1
È ormai certo che questi cuscinetti anali hanno un ruolo importante nella normale attività sfinterica in quanto completano la chiusura a riposo del canale anale e forniscono un fine controllo sulla continenza ai liquidi e ai gas.
Nella malattia emorroidaria si verifica una congestione, un ingorgo a carico di questi cuscinetti anali che tendono a sanguinare e a prolassare. È tra le malattie più diffuse nel mondo occidentale con una prevalenza intorno al 5% della popolazione. L’incidenza aumenta con l’età, con un picco tra i 45 e i 65 anni e i due sessi sono interessati con uguale frequenza. L’incidenza è inoltre maggiore nelle fasce sociali più elevate.
Non sono ancora completamente chiariti tutti i meccanismi che portano all’insorgenza della malattia emorroidaria. Molte sono state le ipotesi avanzate (ostacolato deflusso venoso, disfunzione dello sfintere anale interno, aumento della pressione portale) alcune delle quali completamente abbandonate.
Una compressione sul sistema venoso portale quale si verifica nella gravidanza da parte dell’utero gravidico è certamente la causa della maggior parte delle emorroidi che si verificano in gravidanza; esse spesso regrediscono dopo il parto.
Lo sforzo durante la defecazione è un importante fattore di rischio. Le diete povere di fibre sono la causa più importante della stipsi. La stipsi provoca uno sforzo durante l’evacuazione delle feci che determina una congestione dei cuscinetti anali. Sforzi ripetuti possono favorire la rottura dei supporti e delle fibre di sostegno della mucosa anale.
Non è stata invece dimostrata alcuna relazione tra malattia emorroidaria e ipertensione portale. L’incidenza di emorroidi nei pazienti con ipertensione portale è infatti simile alla incidenza nella popolazione generale.
È certo invece che esiste una predisposizione familiare alla malattia; emorroidi e vene varicose sono spesso associate e presenti nello stesso gruppo familiare.
MALATTIA EMORROIDARIA: PATOGENESI
La teoria patogenetica più accreditata identifica in due fattori che, più o meno associati, sono responsabili dell’insorgenza della malattia: da un lato il fattore vascolare che porta ad un aumento del flusso ematico nel tessuto emorroidario, dall’altro la degenerazione con rottura del tessuto di sostegno che ne favorisce lo scivolamento all’esterno.
L’aumento del flusso ematico a carico delle strutture vascolari dei plessi emorroidari, come hanno dimostrato gli studi di Aigner e collaboratori, porta ad un ingorgo ematico nel tessuto emorroidario con congestione e tendenza alla rottura e al sanguinamento durante il passaggio delle feci, mentre la degenerazione del tessuto di sostegno con perdita di elasticità dello stroma connettivale e rottura del sistema di ancoraggio (legamento di Treitz), come dimostrato dagli studi di Hass e collaboratori, porta al verificarsi del prolasso (Fig. 2).
Figura 2
MALATTIA EMORROIDARIA: SINTOMATOLOGIA
I sintomi principali sono il sanguinamento durante la defecazione e il prolasso. Possono comunque coesistere sintomi secondari.
Il sanguinamento è indolore, di sangue rosso brillante e avviene durante o immediatamente dopo la defecazione; se coesiste dolore bisogna ricercare un’altra causa (es. ragade anale). Assai suggestivo per la malattia emorroidaria è il gocciolamento del sangue nel water. Grosse emorroidi prolassate possono sporcare di sangue la biancheria intima al di fuori della defecazione.
Il prolasso, cioè la fuoriuscita all’esterno delle emorroidi, rappresenta di solito l’evoluzione negli anni della malattia e può essere più o meno importante, riducibile spontaneamente e/o manualmente oppure non riducibile affatto; non deve essere confuso con il prolasso di mucosa rettale, con il prolasso rettale a tutto spessore o con la presenza di polipi fibroepiteliali (da non confondere con i polipi adenomatosi) che fuoriescono dall’ano.
Possono coesistere sintomi secondari quali perdite mucose, prurito, soiling (cioè piccole perdite di materiale fecale che sporcano la biancheria intima), fastidio anale.
La presenza di dolore importante indica l’insorgenza di complicazioni quali la formazione di un trombo oppure la presenza di altra patologia quali una ragade anale o un ascesso. Raramente può comparire una anemizzazione importante. La presenza di anemia deve comunque sempre indurre a ricercare altre possibili cause prima di correlarla al sanguinamento da emorroidi.
Alcuni pazienti imputano alle malattia emorroidaria la comparsa di difficoltà all’evacuazione; se da un lato la presenza di emorroidi prolassate può associarsi a una certa difficoltà a svuotare l’intestino è più probabile che coesistano altre cause che devono essere ricercate con una attenta anamnesi (dieta inadeguata, uso di antidepressivi, colon irritabile ecc.) e consigliare indagini opportune (escludere presenza di neoplasie).
Complicanza frequente è l’insorgenza di una trombosi emorroidaria esterna; insorge di solito dopo uno sforzo evacuativo violento, un eccesso alimentare, una prolungata posizione seduta oppure anche senza una causa apparente. Obiettivamente si nota sul margine anale un nodulo duro, bluastro, assai dolente. L’evacuazione chirurgica del trombo mediante una piccola incisione risolve il quadro portando ad un beneficio immediato.
DIAGNOSI DELLA MALATTIA EMORROIDARIA
Si è soliti distinguere tra emorroidi interne ed esterne a seconda del plesso interessato. Tale distinzione è però spesso più concettuale che reale in quanto, essendo il deflusso ematico tra i due plessi interconnessi, il coinvolgimento di un sistema si ripercuote anche sull’altro (Fig. 3).
Figura 3
Sul bordo anale di pazienti che soffrono di emorroidi sono spesso presenti delle appendici cutanee, skin tags o marische, che vengono spesso confuse con le emorroidi stesse. La marisca è una plica cutanea, singola o multipla, che si sviluppa sul margine anale in seguito ad infiammazioni ripetute, prurito, episodi emorroidari acuti (come quelli che spesso si verificano in gravidanza) o a trombosi delle vene del margine anale. Possono infiammarsi e/o creare problemi di igiene personale. Si possono asportare in anestesia locale.
L’esame proctologico del paziente permette di giungere alla diagnosi. Esso comprende l’ispezione della cute perianale, l’esplorazione digitale del retto che consente di escludere la presenza di masse endorettali, di percepire il tono dello sfintere anale, di rilevare aree dolenti alla pressione e l’anoscopia che permette di formulare una diagnosi precisa. Le emorroidi protrudono nel lume dell’anoscopio; invitando il paziente a spingere si può valutare il grado del prolasso, valutazione che risulta utile al fine di programmare il trattamento più appropriato.
Sono state fatte numerose classificazioni delle emorroidi alcune delle quali recenti; la più usata rimane per la sua semplicità la classica classificazione di Goligher che si basa sull’entità del prolasso, anche se non è la più completa. Essa classifica le emorroidi in quattro gradi:
- I: emorroidi interne sanguinanti ma non prolassanti;
- II: emorroidi prolassanti alla defecazione ma spontaneamente riducibili;
- III: emorroidi prolassanti e riducibili solo manualmente;
- IV: emorroidi prolassanti spontaneamente e/o non completamente riducibili.
La colonscopia preoperatoria è mandatoria nelle persone più anziane e in tutti i casi in cui si sospetta una neoplasia.
In linea generale, seguendo le linee dell’AIOM (Associazione italiana di oncologia medica), prima di procedere all’intervento per emorroidi, andrebbe sempre eseguita una colonscopia in caso di positività del sangue occulto nelle feci e dopo i 50 anni nei pazienti con anamnesi negativa per neoplasie colo-rettali; nei pazienti invece con anamnesi personale e/o familiare positiva per neoplasia colo-rettale andrebbe anticipata con frequenza variabile in base all’anamnesi e ai reperti clinico-diagnostici.
TERAPIA MEDICA
La classificazione in gradi di Goligher rappresenta ancora oggi il sistema più utilizzato per guidare il tipo di trattamento.
Il trattamento conservativo con terapia medica è la prima opzione per la cura di questa patologia; il target è il controllo dei sintomi.
Una dieta bilanciata con adeguata introduzione di fibre che sono contenute nei vegetali, nella frutta, nei legumi accanto ad un adeguato introito di liquidi (almeno 1500 ml. di acqua al giorno) costituisce il punto di partenza nel trattamento della patologia emorroidaria. Spesso curativa nei primi stadi di malattia (I° e II°) costituisce comunque una solida base di partenza anche negli stadi più avanzati.
La presenza di feci dure, difficili da eliminare con la necessità di sforzi prolungati durante la defecazione, peggiora la patologia emorroidaria. Lo scopo delle fibre (esistono in commercio numerosi integratori a base di fibre) è quello di trattenere acqua aumentando così il volume delle feci tali da renderle più morbide facilitandone l’espulsione. Lassativi osmotici che facilitano l’espulsione delle feci sono spesso usati e si dimostrano assai efficaci.
È importante dedicare molta cura all’igiene locale. Sono consigliati i semicupi caldi che riducono l’ipertono sfinteriale; è da evitare invece l’uso di carta igienica ruvida, traumatizzante, sostituendola con salviette morbide.
I flebotonici sono un gruppo di farmaci molto usato; sono composti estratti da piante quali i flavonoidi (diosmina, rutina, esperidina) oppure di origine sintetica quale il calcio dobesilato. Essi aumentano il tono delle pareti vascolari, il drenaggio linfatico e stabilizzano la permeabilità capillare.
Per uso topico possono essere applicati farmaci direttamente sulla parte malata sia sotto forma di crema che di supposte. I cortisonici sono i farmaci che più vengono usati per questa via; essi hanno una azione antiinfiammatoria e sono utili in caso di edema e di prurito, mentre gli eparinoidi trovano indicazione in caso di trombosi emorroidaria e/o di edema peritrombotico.
TRATTAMENTI AMBULATORIALI
Si identificano fondamentalmente con la scleroterapia e la legatura elastica. La loro indicazione è riservata alle emorroidi di I° e II° grado in cui sia fallito il trattamento conservativo.
La scleroterapia viene usata soprattutto nelle emorroidi più piccole per arrestare il sanguinamento. In caso di emorroidi più grosse vi sono trattamenti migliori (legatura elastica). Vengono iniettati nella sottomucosa alla base di ogni emorroide, al di sopra della linea dentata, 1- 5 ml di fenolo al 5% in olio vegetale o altre sostanze sclerosanti (Atossisclerol). La fibrosi che ne consegue causa la retrazione e la successiva fissazione del tessuto ridondante. Possibili complicanze sono secrezione, ulcerazione della mucosa, infezione.
La legatura elastica trova la sua principale indicazione nelle emorroidi di II° grado. La tecnica consiste nell’applicare un piccolo anello di gomma alla base della mucosa emorroidaria ridondante almeno 1 cm. al di sopra della linea dentata. Si possono applicare 1 o più anelli per seduta anche se è raccomandato trattare 1 o al massimo 2 gavoccioli emorroidari per volta. L’elastico “strozza” il tessuto che si necrotizza e cade dopo alcuni giorni e la sclerotizzazione che ne consegue fissa la rimanente mucosa al tessuto sottostante. Le complicanze di questa tecnica includono dolore (l’elastico è stato posizionato troppo in basso), sanguinamento, trombosi e formazione di marische. Le due tecniche possono essere associate.
Ormai quasi completamente abbandonate sono la crioterapia e la coagulazione a raggi infrarossi.
TERAPIA CHIRURGICA
Diverse sono le opzioni chirurgiche per trattare gli stadi più avanzati della malattia emorroidaria. E’ importante che il chirurgo ne conosca più di una al fine di adeguare il trattamento ad ogni singolo caso secondo i concetti della cosiddetta “tailored surgery”, cioè della chirurgia sartoriale, su misura, in base alle caratteristiche della malattia.
Gli interventi per emorroidi si possono dividere in escissionali che comportano l’asportazione delle emorroidi e non escissionali nei quali le emorroidi non vengono asportate.
INTERVENTI ESCISSIONALI
EMORROIDECTOMIA
L’intervento di emorroidectomia costituisce ancora oggi la scelta più frequente per le emorroidi sintomatiche di III° e IV° grado.
Viene eseguita l’escissione dei tre peduncoli emorroidari principali (laterale sinistro, posteriore destro e anteriore destro). Le ferite possono essere lasciate aperte, nel qual caso si parla di emorroidectomia aperta sec. Milligan-Morgan (Fig. 4) oppure richiuse, nel qual caso si parla di emorroidectomia chiusa sec. Ferguson (Fig. 5).
Sostanzialmente le due tecniche si equivalgono in termini di risultati. La tecnica chiusa sembra però garantire un minor dolore post-operatorio, una emostasi migliore e una più rapida guarigione.
Figura 4
Figura 5
Più recentemente è stata proposta l’emorroidectomia con radiofrequenza (Ligasure). Essa prevede l’utilizzo di un generatore a radiofrequenza che permette la sezione dei tessuti e la rapida sintesi dei vasi. Sembra associata a minor dolore post-operatorio e a minore perdita ematica.
La percentuale di recidiva dell’intervento di emorroidectomia è compresa tra il 2 e l’8%. a seconda delle varie casistiche. Il dolore post-operatorio non è trascurabile, il sanguinamento post-operatorio si aggira intorno al 3% mentre nel 6% circa dei casi si possono rilevare nel tempo difetti più o meno importanti della continenza.
INTERVENTI NON ESCISSIONALI
Il target degli interventi non escissionali è quello di risparmiare i cuscinetti emorroidari riposizionandoli nella posizione originaria e ridurre il flusso ematico interrompendo o riducendo così il sanguinamento.
EMORROIDOPESSI CON STAPLER
Nel 1995 Longo propose un intervento che va sotto il nome di emorroidopessi con stapler (Fig. 6). Consiste nel rimuovere con una cucitrice circolare un cilindro di parete rettale al di sopra delle emorroidi e di suturare insieme i due lembi creando così un “lifting emorroidario”.
La tecnica si diffuse ampiamente in tutto il mondo. È effettivamente valida per il trattamento della malattia emorroidaria ed è inoltre associata a un minor tempo operatorio, un minor dolore post-operatorio e un più precoce ritorno all’attività lavorativa rispetto all’emorroidectomia classica.
Paga però un più alto contributo in termini di percentuale di recidiva rispetto all’emorroidectomia, oltre a un costo superiore. Sono stati inoltre riportati in più del 10% dei pazienti trattati, maggiori o minori complicazioni (dolore cronico, urgenza defecatoria ecc.).
Figura 6
DEARTERIALIZZAZIONE EMORROIDARIA TRANSANALE CON PESSIA (THD)
La tecnica si basa su un originale lavoro di Morinaga che propose nel 1995 una nuova tecnica per il trattamento della malattia emorroidaria chiamata HAL (hemorrhoidal artery legation).
La tecnica THD consiste nell’individuazione con il Doppler all’interno dell’ampolla rettale dei vasi terminali dell’arteria emorroidaria superiore che vanno alle emorroidi, nella loro legatura con punti transfissi (dearterializzazione) e nella realizzazione di una pessia della mucosa ridondante al fine di fissarla nella sede originale.
Essa si prefigge quindi di contrastare e correggere quelli che sono i due momenti patogenetici (vedi sopra) che sono alla base della malattia emorroidaria, l’iperafflusso ematico mediante la dearterializzazione, e la rottura delle strutture di sostegno che portano al prolasso mediante la pessia.
L’intervento è indicato nel II° e III° grado e, secondo alcuni, possibile anche per il IV° grado. Presenta, rispetto ad altre opzioni, minori complicanze post-operatorie e minore dolore. La recidiva secondo le varie casistiche spazia tra il 3 e il 20%, verosimilmente influenzata dall’esperienza del chirurgo.
Questa opzione terapeutica rappresenta un ottimo esempio di chirurgia “modulata” a seconda di come si presenta la malattia, essendo possibile eseguire la sola dearterializzazione nei pazienti con sanguinamento senza prolasso (Fig. 7), oppure associare la mucopessia nei pazienti che abbiano un prolasso (Fig. 8).
Figura 7
Figura 8
HELP
È l’acronimo di “hemorrhoidal laser procedure”. Condivide con la tecnica THD lo stesso razionale con il potenziale vantaggio di essere meno invasiva e non richiedere anestesia generale o spinale.
La fibra laser introdotta attraverso un anoscopio viene messa a contatto con i rami terminali dell’arteria emorroidaria superiore individuati con una sonda Doppler provocandone la fotocoagulazione, riducendo il flusso ematico.
Trova indicazione negli stadi iniziali di malattia non responsivi al trattamento conservativo, in assenza quindi di prolasso, in cui il sanguinamento costituisca il sintomo preminente. In caso di presenza di prolasso è necessario associare una mucopessia.
Ha basse complicanze di cui in sanguinamento post-operatorio ne costituisce la più importante. La recidiva varia tra il 10 e il 20%.
LHP
Si basa sull’applicazione dell’energia laser dentro il tessuto emorroidario che porta ad un “raggrinzimento” del tessuto sottostante.
Sembra portare, dai primi studi pubblicati, ad una riduzione dei sintomi in circa il 70% dei casi. La recidiva dopo un follow-up medio di 5 anni è di circa il 35% dei pazienti trattati.
EMBOLIZZAZIONE DELLE ARTERIE EMORROIDARIE
Descritta per la prima volta per il trattamento della malattia emorroidaria nel 2014 da Vidal. Consiste nell’embolizzazione delle arterie emorroidarie attraverso un approccio endovasale (transfemorale).
Troverebbe indicazione in un gruppo selezionato di pazienti con sintomi importanti (ad es. sanguinamento) non responsivi e con controindicazioni alla chirurgia e in assenza di prolasso.
L’autore riporta circa un 70% di successi.
EMORROIDI IN GRAVIDANZA: COSA FARE?
La gravidanza è un fattore di rischio per l’insorgenza della malattia emorroidaria. A ciò contribuiscono più fattori, l’incremento della pressione intraddominale causata dall’utero gravidico, variazioni ormonali e la stipsi che in gravidanza è spesso presente. Nell’ultimo trimestre di gravidanza inoltre è frequente l’insorgenza di trombosi emorroidaria esterna. In tal caso l’incisione in anestesia locale con evacuazione del trombo è un metodo sicuro e indolore per risolvere prontamente il problema.
Per quanto riguarda i flavonoidi non ci sono dati certi sulla sicurezza al loro uso in gravidanza, pertanto il loro utilizzo non può essere raccomandato. In caso di crisi emorroidarie acute si rivelano utili semicupi caldi e per periodi brevi possono essere applicate creme locali antinfiammatorie. È necessario trattare la stipsi con una dieta adeguata incrementando le fibre e l’introduzione di liquidi.
Sebbene in gravidanza la tendenza sia per una terapia conservativa, l’emorroidectomia è stata eseguita con successo senza arrecare problemi al feto.
BIBLIOGRAFIA
- Dodi G. Colonproctologia ambulatoriale. Trattato per chirurghi, gastroenterologi e Medici pratici. Piccin Editore
- Gallo G., Martellucci J., Sturiale A. et al. Consensus statement of the Italian society of colorectal surgery (SICCR): management and treatment of hemorrhoidal disease. Techniques in Coloproctology (2020) 24:145-164
- Gordon P.H., Nivatvon S. Principles and practice of surgery for the colon, rectus and anus. Third edition
- Mann C.V. Trattamento chirurgico delle emorroidi. Edizione italiana a cura di Milito G. Micarelli Editore
- Ratto C. THD Doppler procedure for hemorrhoids: the surgical technique. Tech. Coloproctol. 2014; 18: 291-98
Approfondimento a cura di:
Il Dr. Ezio Veronese ha conseguito nel 1978 la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Padova, e successivamente ha conseguito varie specializzazioni nell’ambito chirurgico. Attualmente svolge...
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